Tempo di lettura: 2,75 min
Musica da ascoltare: Si tu vois ma mère – Slow – Claude Luter et son orchestre
Foto: Gino Di Paolo
Trebbiano 18
Correva l’anno 2018 e la stagione viticola iniziava in modo avverso.
Le piogge primaverili hanno reso difficile la gestione del vigneto fino ai primi mesi estivi. L’impianto a tendone più antico che abbiamo in azienda, il Trebbiano, da dove attingiamo le uve per il “Fosso Cancelli”, nelle prime fasi vegetative ha dovuto fronteggiare temperature non molto favorevoli allo sviluppo dei giovani germogli e, a seguire, durante i mesi estivi, abbiamo avuto molte attenzioni nelle operazioni colturali al fine di contenere l’eccessivo rigoglio vegetativo dovuto alle continue piogge primaverili ed estive, a beneficio di un migliore stato fitosanitario delle uve.
L’arieggiamento del grappolo attraverso la defogliazione manuale è stato determinante per salvaguardare la sanità dei grappoli, in particolar modo nei giorni precedenti la fase di maturazione delle uve. L’acidità ed il ph delle uve si sono mantenuti su livelli piuttosto alti fino ai giorni di vendemmia. Le uve sono state raccolte a mano e trasportate in cantina in piccole cassette. La fermentazione alcolica è avvenuta spontaneamente, avviata da un “pied de cuve” ottenuto con le uve raccolte una settimana in anticipo. La fermentazione alcolica, a differenza del 2015, si è svolta sia in botti da di rovere di Slavonia non tostate che in anfore di terracotta.
Il vino ha continuato l’affinamento sulle fecce fini sino all’imbottigliamento, avvenuto due anni dopo.
Bottiglie prodotte circa 2600 numerate in etichetta.
Cerasuolo 19
Anche la stagione viticola del 2019 non si è presentata con buoni propositi.
Un inverno mite e una primavera molto umida che è cambiata repentinamente nel mese di giugno lasciando spazio a due mesi con temperature non eccessivamente torride ma con assenza quasi totale di piogge. Le operazioni colturali sul montepulciano sono state le classiche con interventi di cimatura dei germogli, defogliazioni intorno ai grappoli e lavorazioni del terreno per limitare le erbe infestanti.
I vigneti hanno subito un leggero stress idrico verso la fine di giugno, meno accusato dai vigneti allevati a tendone. Le uve di Montepulciano destinate alla produzione del “Fosso Cancelli Cerasuolo” sono state raccolte i primi giorni di ottobre rigorosamente dai vigneti a tendone destinati anche alla raccolta del “Fosso Cancelli Montepulciano”. L’acidità ed il ph durante la maturazione hanno mantenuto valori soddisfacenti.
La raccolta delle uve è avvenuta a mano ed il trasporto in cantina attraverso piccole cassette. Dopo la prima lavorazione di pigia-diraspatura le bucce sono rimaste a contatto con il mosto per 12/24 ore all’interno di piccoli vasi vinari di cemento fino all’avvio della fermentazione alcolica spontanea. A seguire è stata prelevata una frazione di mosto in fermentazione dal fondo del vaso vinario, attraverso una classica operazione di “salasso”, che successivamente è stata trasferita in anfore di terracotta dove ha continuato a svolgere la fermentazione spontanea senza controllo di temperatura. L’affinamento è proseguito sulle fecce nobili in anfora fino all’imbottigliamento nei primi giorni di primavera.
Ne sono state prodotte circa 2600 bottiglie numerate in etichetta.
Tempo di lettura: 4,40 minuti
Musica da ascoltare: Far Far – Yael Naim – Yael Naim – 2007
Vino da abbinare: Fosso Cancelli Pecorino Colline Pescaresi Igp 2016
il 21 ottobre del 2019, solo pochi mesi fa, ho organizzato con l’aiuto dell’amico Massimo Di Cintio una presentazione/degustazione del Fosso Cancelli per i miei clienti abruzzesi.
Era un momento di stress assoluto.
L’anno era stato difficile, eravamo in vendemmia ed era iniziata la stagione commerciale più importante dell’anno per i vini.
Ero al centro di un vortice, molto provata e affaticata e sapevo, per giunta, che dopo quella presentazione e fino alla fine dell’anno, non avrei tirato un sospiro di sollievo, ma anzi, avrei dovuto galoppare e veloce.
Inoltre, ero tornata solo il giorno prima da New York. Avevo ancora il jet leg addosso e non avevo potuto, da buona maniaca del controllo che sono, verificare personalmente nei giorni precedenti i classici minimi dettagli e il fatto che tutto fosse organizzato alla perfezione. Naturalmente non c’è stato nessun imprevisto e questo grazie alle persone che hanno organizzato tutto, in particolare Massimo the Cook e l’instancabile Loredana.
L’evento è andato benissimo nonostante la mia ansia e solo ora mi rendo conto che su questa presentazione non ho mai scritto nulla sul blog, cosa che avrei sicuramente fatto se il periodo non fosse stato quello che era.
Ma qualche giorno fa, mentre mi accingevo a scrivere un nuovo articolo sul Fosso Cancelli Trebbiano 2018 e Cerasuolo 2019 che usciranno a brevissimo, mi sono imbattuta in un testo che avevo scritto per “ prepararmi all’evento”. Un testo che, come sempre, non ho affatto rispettato, ma che in quei giorni di panico che precedevano la presentazione mi calmava, illudendomi di avere le cose sotto controllo.
Ne condivido l’incipit qui e ringrazio di nuovo Massimo Di Cintio, Andrea de Palma e Pierluigi Cocchini per l’attenzione e la cura che hanno riservato a me e ai miei vini.
“Sono molto emozionata. Anche se può non trasparire perché probabilmente il jet lag che ho addosso mi protegge un pò dall’ansia come se fossi in una bolla spazio tempo.
Emozionata di avervi qui in tanti e cosi rappresentativi di questo nostro Abruzzo enogastronomico. Emozionata perché una presentazione cosi seria e professionale non l’avevo mai fatta ed emozionata perché, da quando ho deciso di farla, ogni giorno mi ripeto che ho fatto una cazzata e che non era il momento giusto.
Infatti questo è il momento dell’anno delle 3 V: Vendemmia, ExtraVergine e Vendite che, nel vino, si realizzano per la maggiore nell’ultima parte dell’anno.
E sono giorni che mi dico…ma come cavolo ti è venuto in mente?
Con i tanti cambiamenti che ci sono stati nella mia azienda quest’anno ( pare che gli astri ogni tanto si debbano disallineare per poi riallinearsi), ti metti pure a organizzare una roba cosi? Che tra uve, olive e Stati Uniti, vi assicuro che a meno che tu non abbia dei collaboratori veramente validi, è praticamente un suicidio.
Dovete capire poi che la crescita della mia ansia è direttamente proporzionale al calibro del parterre e quindi man mano che vi guardo e vi riconosco, mi agito. E mi agito ancora di più se invece di guardare avanti guardo di lato e vedo Massimo , Andrea e Pierluigi.
Si, infatti dovete sapere che verso i referenti del mondo giornalistico del vino soffro di una particolare sindrome che si chiama “ la sindrome dell’impostore”.
Esiste per davvero : non me la sono inventata. E’ la sindrome di chi non si sente mai in diritto di ricevere complimenti. Dice che è una sindrome che piglia più le donne che gli uomini e si manifesta con la sensazione di stare sempre imbrogliando qualcuno, quando raggiungi un risultato o un obiettivo. Senti di non meritare l’ammirazione altrui o il successo, che è solo frutto della fortuna e del caso, che sei niente più che un truffatore. E prima o poi verrai smascherato. Smascherato de che ? Bho. Non lo so. Eppure è cosi. E’ ridicolo eh? E invece succede. Spesso succede ai figli di persone di successo. E mica solo a me! Sheryl Sandberg direttrice operativa di Facebook, Serena Williams , Natalie Portman, Jocelyn Bell Burnell che scoprì le stelle pulsar. Sono in buona compagnia insomma. Anzi, direi che sono solo una principiante.
Questa sindrome è anche divertente perché ti fa stare perennemente in bilico tra l’egomania ed il baratro, ma il modo in cui io vi ho reagito fino a che non l’ho scoperta e dunque ho cominciato pure a prendermi un pò in giro da sola, è stato quello di giocare in difesa.
Cioè, di fronte ad un eventuale complimento / critica, io divento antipatica e refrattaria. In sostanza abbastanza insopportabile.
Questo è successo con Di Cintio, 14 anni fa, quando ci siamo conosciuti e io ho letteralmente fatto il possibile per rendermi antipatica, snob, detestabile, tanto mi sentivo inadeguata. Così è stato che ci siamo guardati da lontano per circa 10, 11 anni, fino a quando ci siamo rivisti in un’occasione coldirettiana e ci siamo parlati con simpatia e onestà. Ma credo che in fondo pure con Cocchini e De Palma, a pensarci bene, sia successa un pò la stessa cosa.
E’ per questo che voglio cogliere questa occasione qua per fare outing e dir loro innanzitutto che li ringrazio per essere qui, oggi, a raccontare i miei vini con me e poi che sono proprio felice che abbiano avuto la pazienza di aspettare che il rospo si trasformasse in principe. “
A questo punto avrei dovuto passare la parola a loro che avrebbero proseguito tra domande, descrizioni e degustazioni a me, a Romano D’Amario e a Guerino Pescara.
Neppure una virgola di ciò che avevo preparato è uscita dalla mia bocca.
Ecco dunque riproposti qui i miei pensieri, nel qui e ora, per tornare un pò, almeno con la testa, a qualche mese fa, a quando il mondo ancora girava, ma imbevuto di stress.
Riassunto degli ultimi mesi e considerazioni attuali
Tempo di lettura: 5,71 minuti
Musica da ascoltare: Nuvole Bianche – Ludovico Einaudi
Vino da abbinare: Passerina Igt Colline Pescaresi Ciavolich 2019
Non molto tempo fa, quasi un anno, iniziava una crisi.
La “ crisi ” ( dal lat. crisis, dal gr. krísis ‘scelta, decisione’ sec. XIV ) iniziava quando la Heres Spa, una rinomata azienda di distribuzione nazionale, si avvicinava a me, con un educato e raffinato stile comunicativo, per capire chi ci fosse dietro alcuni vini provati. In particolare si trattava del Fosso Cancelli Trebbiano 2015 e del Fosso Cancelli Pecorino 2015. Fino a quel momento non avevo valutato quasi mai collaborazioni di “copertura nazionale”. E questo perché non ero disposta a mettere sul piatto della bilancia il lavoro realizzato in Abruzzo con tanti anni di fatica e investimenti a fronte di un futuro “ extraregionale “ tutto da vedere. Questa volta però fu diverso e non solo perché questo primo punto di discussione prettamente commerciale fu immediatamente escluso dal discorso, ma poiché già nel primo incontro in cantina, percepimmo tutti che parlavamo un linguaggio comune. E parlare la stessa lingua con le persone che lavorano con te, è davvero la prima cosa per ottenere buoni risultati ed andare lontano. Questa prima scelta portò a delle conseguenze. La prima è stata la separazione, non facile, da una delle figure aziendali che da 7 anni sviluppava l’attività commerciale su territorio abruzzese e italiano; la seconda è stata che, nel periodo intermedio, mi sono fatta carico personalmente di gestire i clienti italiani nel periodo di transizione.
Quasi contestualmente succedeva che il mio braccio destro sull’export, un ragazzo d’oro che ho avuto la fortuna di avere in azienda per qualche anno, mi annunciasse il suo imminente ritorno all’attività di famiglia che richiedeva ormai la sua presenza e dedizione al 100%. E che era li, nell’ attività di famiglia, che lui vedeva il suo futuro. E cosa mai potevo dire io? Io che sono la prima ad aver dedicato tutta la mia vita all’azienda di famiglia? Nulla. Potevo solo dare un forte abbraccio, un forte in bocca al lupo e un sincero grazie per un modo di fare ed una professionalità esemplari.
Organizzata per tempo la sua sostituzione, accadeva che la giovane scelta a seguito di diversi colloqui, dopo poco meno di un mese di full immersion, mi annunciasse che sarebbe tornata indietro nell’azienda di prima la quale, nel momento in cui l’aveva persa, si era improvvisamente svegliata e, resasi conto del suo valore, le aveva fatto prontamente l’offerta della vita.
Anche in questo caso, con un grande stress ma senza farmi prendere dalla disperazione, mi sono fatta carico di gestire personalmente i clienti esteri che avevo iniziato ad affidarle.
Ne seguivano mesi particolarmente impegnativi, con un carico di lavoro maggiore su di me e sui miei più vicini collaboratori, l’avvicinarsi di una vendemmia difficile ( come tutte negli ultimi anni) e il raggiungimento di obiettivi di fine anno che sembravano davvero impossibili e che invece, grazie al lavoro di tutti, sono stati raggiunti.
Grazie a Cinzia, che col sorriso in azienda porta avanti tutto come una buona madre di famiglia.
Grazie ad Antonella, che anche quando è imbronciata, con la sua precisione organizza il lavoro in maniera super puntuale.
Grazie a Fulvio, che gestisce la logistica e da anni mi fa da specchio in più di un’occasione.
Grazie a Guerino, che mi spalleggia in campo e in cantina con una tensione dialettica in divenire.
Grazie a Loredana, che disponibili come lei non ce n’è e che con la sua energia e voglia di fare è capace di far danzare un bradipo.
Grazie a Paola, dolce e fidata oste del nostro agriturismo in stand by.
Grazie a Massimo, che se non ci fosse stato lui non avrei chiuso l’anno come l’ho chiuso.
Grazie a Eleonora, arrivata da poco, con la sua eccellenza nell’ospitalità e il suo piglio commerciale tutto da sviluppare nel prossimo futuro che verrà.
Grazie a tutti gli operai in cantina e tutti gli operai in vigna che portano avanti l’azienda in modo silenzioso ed operoso: Alessio, Giuseppe, Enrico, Andrea, Tonino, Mario, Vito, Stefano, Lorenzo e Gabriele. E Martina e Manuela e Silvia.
Ognuno di loro è un ingranaggio essenziale al buon andamento aziendale. E quando qualcuno non c’è, la sua assenza si sente. E ciò è ancora più vero oggi che in azienda siamo rimasti in 4.
Un grazie va anche agli agenti abruzzesi, Antonio, i due Giuseppe, Rosita e Dino, ai distributori e agenti di fuori regione che mi seguono nel mio percorso: penso a Claudio, Matteo, Fausto, Roberto, Giuseppe Rocca.
Alla Heres, a Cesare, Gaia, Gaetano, Maya, Tancredi, Alessio, Andrea.
A tutti i miei favolosi importatori esteri con cui condividiamo ogni giorno questo momento cosi difficile.
Le cose che mi sono capitate, capitano a tutti, e insegnano.
Insegnano che mentre a volte sei disposto a dare sempre di più per qualcuno che credi sia assolutamente il migliore e che molto probabilmente stai un pò sopravvalutando, altre volte, quando ti trovi davanti una persona davvero in gamba ma dall’ego contenuto, fino a che non la perdi, non ti rendi proprio conto del valore che aveva. Ti insegna che gestire le persone è la cosa più difficile che ci sia.
E che forse, solo la continua tensione tra lo sforzo di mettersi nelle scarpe dell’altro e il saper mantenere fermi i tuoi confini, può portare ad un vero equilibrio nei rapporti interpersonali.
Da giugno in poi altri cambiamenti si sono avvicendati. E, alle prese con tutta queste serie di stravolgimenti, con questo disallineamento astrale e anche con riflessioni che vuoi o non vuoi ti si pongono innanzi ( se sei un essere pensante), dovendomi impegnare a mantenere la barra dritta, portare a casa i risultati e mandare avanti l’azienda agricola nel migliore dei modi ( ah… mettiamoci anche la battaglia di fine anno contro il biodigestore a Loreto Aprutino che mi ha visto in prima linea insieme a tutti gli altri produttori agricoli e cittadini della zona), c’e’ stato un momento in cui mi sono fortemente allontanata dai social. Momento in cui ho pensato di chiudere o rendere inattiva la mia pagina personale e ci ho pure provato, con scarso risultato perché per errore o per lapsus freudiano continuavo ogni tanto a veicolarci messaggi.
Oggi, travolta come molti da questa alienante e triste situazione che colpisce tutta l’Italia,
mi rendo conto che probabilmente si è trattato di una scelta affrettata.
Oggi, che siamo tutti a casa ( o in cantina) con molto più tempo a disposizione, la comunicazione diventa molto importante e diventa anche una scelta di responsabilità.
Un modo per condividere un pensiero, per condividere lo sgomento, la rabbia, il dolore, la paura, ma anche la speranza, la fiducia e la voglia di ripartire.
Vale la pena continuare a postare come se nulla fosse ? Non si dovrebbe soltanto tacere per rispetto delle persone che non ci sono più e dei loro cari?
E’ opportuno fare i flash mob sul balcone? Non si dovrebbe parlare solo del virus?
Esiste una risposta unica? Non credo. Credo che ognuno, nel rispetto degli altri, debba fare la cosa che lo fa sentire meglio, cercando di prendere un pò le misure ai tempi che corrono.
Per quanto mi riguarda scelgo, in questo momento, di tornare a condividere con voi parte della mia vita, ancorandola al momento attuale e a tutte le preoccupazioni che ne derivano, sia a me che alle persone che lavorano con me, senza fare finta di nulla, ma facendo andare avanti la vita raccontandovi semplicemente dell’ azienda agricola, dei vini e dei territori in cui vivo.
#andràtuttobene
Musica da ascoltare: Berceuse in D Minore, Op. 57 – Frederic Chopin
Vino da abbinare: Fosso Cancelli Montepulciano d’Abruzzo 2008
Mio padre è grande. Non nel senso di essere grande di corporatura, né di essere grandioso ed eccezionale ( che pure per me e molti altri lo è). E’ grande nel senso di età. Lo è da quando sono nata : lui aveva 48 anni. Oggi, che io ne ho 42, lui ne ha 90. Le foto di quando avevo un anno ci ritraggono insieme di fronte alla casa di Francavilla al Mare. Spicca il colore rosso del suo maglione e del mio maglione. E i suoi capelli, da sempre bianchi.
Un bellissimo uomo che sposò una bellissima donna.
Non ho passato moltissimo tempo con lui, che lavorava tanto e viaggiava spesso.
Ma il tempo insieme lo ricordo di qualità.
Un rispecchiamento amorevole, una difesa certa contro le ire funeste di mia madre, un porto sicuro e dal giudizio morale eticamente incontestabile. Una guida affidabile.
Anche lui aveva i suoi difetti, Dio non volesse che l’ira cogliesse lui,sarebbe stato difficile tirare indietro le lacrime, tanto ti atterriva. Ma solo due volte ricordo lo fece con me. Il primo episodio è imbarazzante e tanto non vale per me la pena di condividerlo in pubblico. Diciamo solo che già precocemente ( avrò avuto 7 anni) esagerai nella mia voglia di non essere da meno di un qualunque maschietto che giocava in cortile d’estate. E ce le presi da lui. Molto. Dopo un pò che piangevo nel letto da sola però lui venne e mi prese in braccio.
E mi portò fuori, a vedere i fuochi d’artificio di Sant’Alfonso a Francavilla al Mare. E io ricordo ancora lo stare in braccio a lui, che mi perdonava. Il secondo avvenne quando avevo più o meno 25 anni. Avevo concluso l’Università e tornata a casa facevo pratica legale e uscivo a divertirmi spesso. Una sera, dal suo divano, dal quale difficilmente si muove dal 1995, mi rimbrottò: “ Chiara, che stai facendo? Ricordati una cosa: io alla tua età gestivo da anni , da solo, l’azienda agricola e dopo poco ho creato la Sicma” . L’anno seguente ero la responsabile legale dell’ azienda agricola di famiglia, avevo in mano il futuro.
Mio padre mi ha decisamente sedotto e conquistato dalle fasce, come ha conquistato tutti con quel suo carattere timido ma amabile, il suo piglio deciso e con quella sua intelligenza che induceva come ancora induce rispetto e timore ma soprattutto ammirazione.
Ammirato da ogni lato, non è mai stato narciso. Chi lo conosce sa il bene che ha fatto al suo paese, Miglianico, e ai suoi amici. Amici che a volte hanno ricambiato l’affetto e l’aiuto con gratitudine e un affetto altrettanto grande che ancora oggi continua e dona la vita e altre e più volte si sono col tempo rivelati per quello che erano: gente piccola ed invidiosa che ha preso finchè potuto e ha scartato, non potendo più prendere. Cancellando finanche dal web, ma non dalla storia, la propria stessa storia.
Da qui uno dei suoi più grandi insegnamenti: “ Quando fai del bene ad una persona, Chiara, ricordati che molto probabilmente la persona che lo riceve diventerà il tuo peggior nemico. Ma comunque, non ci puoi fare niente, se non cercare di stare più attenta in futuro, perché nella natura nostra non è fare il male, ma il bene.”
Nonostante questa consapevolezza, infatti, lui è ancora l’uomo buono e saggio di sempre.
E mi insegna molto ancora.
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Dalla voce di mio padre, trascritta da mia madre:
“ Mio padre morì il 2 febbraio 1941, avevo dodici anni e mia sorella Giuliana sedici.
Mia madre si trovò ad affrontare un compito al quale nessuno l’aveva preparata e che mai avrebbe immaginato di dover fronteggiare. Quando si sposarono nel 1925, essa era infatti la tipica signorina di buona famiglia istruita in tutte le virtù muliebri richieste dall’educazione del tempo: sapeva suonare il piano, dipingere , cucire e ricamare , ma era del tutto digiuna di senso pratico e dovette affidarsi ai fattori prima che io, praticamente da subito, subentrassi a mio padre nella conduzione dell’azienda agricola. Dopo la morte di mio padre , durante le vacanze estive fui mandato a Fara Filiorum Petri affidato alle cure di un sacerdote Don Fabio , fratello di Don Aniceto conoscente di famiglia , affinché mi introducesse allo studio del greco e del latino in vista della prossima iscrizione alla quarta ginnasiale . Conservo il ricordo delle brevi lezioni mattutine e della lunghe passeggiate pomeridiane in quel paese sulla via di Passo Lanciano e una lettera affettuosa scrittami nel 42 da Don Fabio dal Collegio Nazareno di Roma dove insegnava e viveva , nella quale mi chiedeva conto dei miei progressi a scuola e di pregare per suo fratello che era stato operato in una clinica di Pescara .
A scuola poi , nonostante fossi timidissimo, andavo sempre bene, forse grazie anche a quei primi rudimenti nelle lingue classiche impartitemi in quelle non troppo severe e impegnative lezioni .
Al liceo invece, venivo sovente ripreso dalla supplente di lettere per non ricordo più quali mancanze e mandato in corridoio “ a fare la guardia al Plastico dell’Impero” . A mia madre che andava a informarsi del mio andamento , il Preside , che era siciliano, non potendo lagnarsi del mio profitto, si lamentava con lei di come io fossi insensibbile e incorreggibbile . Tanto che una volta per un increscioso equivoco ,venni sospeso dalle lezioni per un mese .
Risolsi la questione aspettando all’uscita il mio amico Tritapepe che mi aggiornava sullo svolgimento del programma , facevo i compiti e studiavo le lezioni . In profitto non ero disprezzabile , era la condotta la mia bestia nera! Nel frattempo cominciavo a venire incaricato di tutte le incombenze inerenti la conduzione delle campagne e della casa e a poco a poco mi trovai a ricoprire il ruolo di “possidente”.
Buona festa del papà, papà.
Tempo di lettura: 2,91 minuti Musica da ascoltare: Say yes – Elliott Smith – Either/Or – 1997
I pied de cuve del Pecorino sono fatti.
Sono due: uno con le uve dell’impianto a pergola di Pianella e uno con quelle del filare di Loreto.Lavoreremo con due anfore i due diversi appezzamenti. Da Pianella prenderemo la parte bassa aderente al laghetto: piu’ fresca, nervosa e croccante.
Da Loreto ci aspettiamo invece un muscoletto atletico.
L’uva e’ poca ( stimiamo tra un 20% e un 30% in meno rispetto alla vendemmia 2018), ma pronta e sana e le previsioni meteo degli ultimi giorni ci suggeriscono di non tergiversare per nulla.
Con il primo giorno di raccolta e’ subito stato chiaro che questa 2019 sara’ un’ annata molto meno produttiva della 2018. Ed e’ anche chiaro che con il clima siccitoso di luglio e agosto i vigneti si sono fermati.
Il 2019 e’ iniziato con una stagione invernale particolarmente mite in cui non sembrava davvero di vivere l’inverno. Pochissime piogge e temperature sopra la media.
I vigneti hanno reagito con un ritardo vegetativo che, nel caso del Trebbiano e del Montepulciano ancora ci portiamo dietro. Non solo…la vite non ha neppure “lacrimato”. Tra marzo ed aprile si verifica generalmente questo fenomeno di piccole goccioline di linfa che fuoriescono dai tagli di potatura. Il pianto e’ indice della riattivazione del metabolismo della vite che esce dal riposo invernale e si prepara al prossimo germogliamento. Quest’anno non c’e’ stato.
A partire da maggio, invece, pare che l’Universo si sia ricordato di aver scordato l’inverno e giu’ con piogge e freddo fino alla fine del mese. Giugno torrido e costellato da grandinate come non ne vedevo dal 2003 che però hanno risparmiato la mia zona. Tutto questo ha naturalmente comportato una grande attenzione e preoccupazione agli aspetti fitosanitari del vigneto che, a partire dalla primavera, e soprattutto in presenza di condizioni climatiche avverse come pioggia e umidita’, viene colpito da malattie brutte brutte che se non prevenute possono compromettere interamente il raccolto.
A differenza del 2018 pero’, dove pure la primavera e’ stata lunga e piovosa, almeno non abbiamo vissuto quel clima tropicale ( piogge e caldo) che per i nostri vigneti e’ il peggio del peggio.
Infine luglio e agosto, che sono stati mesi contrassegnati da grande siccita’.
Per quanto mi riguarda, l’andamento viticolo di questo 2019 ha perfettamente coinciso con la mia stagione personale.
Il mio inverno è stato contraddistinto da una frenesia di viaggi di lavoro per il mondo, ma nel corso di questi viaggi ho goduto di ampi spazi di solitudine e ho avuto modo di dare libero sfogo a momenti di riflessione da una parte su un senso di identità personale e dunque anche aziendale che spesso è sfuggente e che, a fasi alterne, lascio correre e poi riacchiappo in un percorso che tutto è tranne che lineare e scontato e dall’altra a organizzare in cantina incontri a me affini come la presentazione della collana di libri sui Santi d’Abruzzo di Maria Concetta Nicolai o la “degustazione filosofica” guidata da Alessandro Tozzi della Fondazione Italiana Sommelier e dal mio amatissimo prof di filosofia Lucio Scenna.
La primavera è esplosa a seguito della degustazione filosofica e del Vinitaly con un ribaltamento di scena. L’ instabilità meteorologica della fine di aprile ha coinciso con una serie di cambiamenti aziendali avvenuti tutti in contemporanea che mi hanno messo alla prova , che mi hanno insegnato molto sulle persone e su quello che voglio per la mia azienda agricola e che, come sempre, mi hanno irrobustito ( nel senso che ne esco più forte ma anche nel senso che ho messo su chili …beati quelli che di fronte allo stress non mangiano più).
A luglio è arrivata l’estate ed io ho ricominciato a respirare senza asma.
E adesso, con l’inizio della vendemmia, gli astri si stanno pian piano rimettendo in ordine e con loro anche le tutte le mie priorità in un percorso di cura di sé ( epimeleia eautoù ) che parte dall’anima e da questa vendemmia che comincia il 21 agosto.
Qualche venerdì fa, in cantina a Miglianico, si è svolta una degustazione dei miei vini. A febbraio avevo partecipato al consueto incontro annuale organizzato dalla Fondazione Sommelier a Controguerra, Comune lungimirante che da sempre abbraccia i produttori vitivinicoli in un progetto di valorizzazione del territorio che parte dal vino.
In quella occasione è uscita l’idea di organizzare qualcosa da me. Un incontro vinoso per avvicinare i corsisti del mondo vino alle realtà del territorio.
Dopo qualche giorno, Alessandro Tozzi, docente bravissimo della Fondazione, mi è venuto a trovare in azienda agricola e abbiamo passeggiato un pò per i vigneti.
E mentre parlavamo e pensavamo a cosa inventarci per questa degustazione e ipotizzavamo una verticale di qualche annata dell’Antrum o del Divus o del Pecorino… ecco che io penso che non mi va per nulla di fare una verticale…e dico: “Alessandro…perchè invece non facciamo qualcosa che vada oltre… qualcosa che vada ….al di là…al di là del bene e del male… “.
E BOOM. Nietzsche è riemerso dalla mia coscienza di adolescente nerd – classica in tutta la sua volontà di potenza.
E che ho fatto? Quello che fanno tutte le persone normali oggi quando vogliono ‘riacchiappare’ un pensiero o un concetto sfuggito: l’ho googlato e l’ho trovato:
“ Al di là del bene e del male, un libro in cui Nietzsche attacca in maniera critica quella che considerava la vacuità morale dei pensatori del suo secolo, la mancanza di senso critico dei filosofi e la loro passiva accettazione della morale.” ( Wikipedia).
Era un segno. E il desiderio di approfondimento iniziava a possedermi.
Ecce Nietzsche!
Con Alessandro è proprio di questo che parlavo mentre camminavo nella terra: della vacuità morale del tempo, naturalmente nel nostro mondo vino.
Alessandro, un pò travolto da questo pensiero, inizia a preoccuparsi, si pente, rimpiange l’aver detto: “Fate fare a lei che è brava” e mentre sogna la classica verticale, mi propone un timido…” magari lo sdrammatizziamo un po’? Facciamo…
’Al di là del BERE e del male’…? Che dici?’.
Dico che va bene, è per me irrilevante: il mio pensiero è andato oltre: a Lucio Scenna, il mio amatissimo professore di filosofia del Liceo Classico di Pescara. Amatissimo perché, pur avendolo avuto come docente soloper un anno, l’ultimo, è stato in grado di farmi recuperare un amore autentico e appassionato per la filosofia che altri, prima di lui, erano riusciti a seppellire sotto una montagna di aberrante noia.
Ho chiamato Lucio immediatamente e gli ho chiesto se poteva venire in mio soccorso, dato il casino in cui mi ero ficcata…Incredibilmente, mi ha detto di sì.
E così, durante la degustazione ha incantato, come suo solito, l’intera platea in un excursus meraviglioso tra Noè, la Bibbia, Dioniso e le Baccanti. E peccato per chi se lo è perso perché molte sono le persone che abbiamo dovuto mandare indietro.
Ma quali sono, esattamente, i pensieri di Nietzsche che mi hanno cosi fortemente convinta che l’idea iniziale era stata giusta? Ce ne sono in particolare due che, forse, mi danno una mano nel tentativo che faccio di raccontare il lavoro mio e delle persone che lavorano con me.
La prima è la critica con il martello a tutti gli idoli, al concetto di verità assoluta, ai dogmatismi e alla morale. Nietzsche aveva l’impulso omicida di dare una martellata a molti dei filosofi che lo avevano preceduto, che considerava sterili dogmatici afflitti da un pregiudizio morale sulla verità oggettiva che, secondo lui , non esiste affatto: “la verità è che non esiste una sola verità”.
Da quando ho iniziato a lavorare in azienda agricola, 16 anni fa, i discorsi che continuo a sentire ruotare attorno al mondo del vino sono sempre gli stessi discorsi. Non si fa che parlare di processi, dogmatizzandoli e mettendo da parte l’attenzione alla persona, all’essere umano e alla sua personale esperienza, a meno che non si dogmatismi anch’esso.
Anzi, le persone stesse, i produttori in primis, si identificano essi stessi con i processi e assurgono a simboli di moralità e di verità assoluta. Come se, l’acquisto di una bottiglia di vino fosse una scelta di mero processo produttivo piuttosto che la volontà di conoscere ( senza pregiudizi) e condividere ( anche solo con se stessi) esperienze, valori, saperi e sapori.
La scelta del processo sembra oggi sia di per sé garanzia di sicurezza, esplicativa di valori fondanti e sinonimo di qualità.
Ecco, mi chiedo come si possa superare tutto questo. E soprattutto mi chiedo come possa farlo io che, nella mia cantina, lavoro con diversi processi produttivi ( non rinuncerei mai a farlo perché fare sempre la stessa cosa mi annoia tremendamente) eppure lo faccio con una sola e costante volontà: legare il mio vino alla valorizzazione di un territorio nei suoi aspetti culturali e sociali attraverso un modo di lavorare che trascenda i processi stessi e si faccia esso stesso pensiero.
E questa stessa idea però non è qualcosa di dogmatico e immutabile ma anzi, è essa stessa in continuo divenire. E’ in movimento. Ed ecco dunque il secondo pensiero. Diceva Nietzsche :
“Il fondamento del nostro io è in continuo cambiamento. L’individuo dovrebbe lavorare alla creazione di una propria personalità che superi il conflitto tra natura e cultura. “
“Poiché consapevole della complessità delle motivazioni e della molteplicità dei punti di vista è avverso a ogni fanatismo di chi pretende possedere la verità assoluta, e cioè dell’uomo delle convinzioni, che è esponente dell’età arretrata dell’innocenza teoretica. Scegliere la libertà dello spirito comporta dunque abbandonare costantemente i nostri ideali, diventando traditori e commettendo infedeltà”.
“Lo spirito libero assume come obiettivo della propria vita la “conoscenza”. Disprezza perciò l’attivismo dell’uomo contemporaneo, dominato dal capriccio di passioni mutevoli e prigioniero di convinzioni dogmatiche”.
Nell’aforisma “Diventa ciò che sei nato per essere, al di là del bene e del male” si racchiude il momento attuale della mia vita.
Ci ho messo un pò per capirlo ma adesso mi è chiaro.
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Musica da abbinare: Luka, Susan Vega – Solitude Standing – 1987
Il DIVUS è un vino nato dal desiderio di mia madre e racconta il luogo e la storia da cui proviene. E’ il primo vino, ha 32 anni.
La prima etichetta risale al 1987.
Negli anni 60 mio padre, accanto alla familiare e storica conduzione dei terreni agricoli e alla produzione di vino sfuso, rilevò all’asta, a seguito di fallimento, una piccola società di produzione di macchine agricole di Miglianico.
Insieme al titolare, geniale artigiano che di suo apportava per l’appunto il genio tecnico, rifondò l’azienda, profondendovi, oltre le liquidità necessarie ed indispensabili ad avviarla ad un futuro di sicuro successo, il proprio intuito che si rivelò lungimirante e le proprie uniche capacità imprenditoriali.
Negli anni 80 l’azienda era ormai arrivata ad un livello altissimo.
Fu allora che, data la presenza di molti clienti stranieri di paesi amanti del vino italiano, mio padre e mia madre decisero di creare una bottiglia da regalare proprio a quei clienti che da lontano acquistavano le macchine agricole italiane e così, nei containers che partivano per Usa, Germania ed Australia iniziarono ad essere aggiunte le prime casse di un Montepulciano che allora proveniva dalle migliori vigne di un appezzamento di Miglianico in Contrada Cerreto, alle quattro strade.divus
In etichetta spiccava – come ancora oggi spicca – la medaglia con il volto di Diocleziano, imperatore romano del 280 d.c. , che concesse al Montepulciano d’Abruzzo un prezzo altissimo per l’epoca. Diocleziano era un imperatore croato. Possedeva un bellissimo palazzo a Spalato e per arrivarci necessariamente attraversava la nostra regione. Fu cosi che si imbattè nel vino d’Abruzzo.
Da qui il nome DIVUS: un appellativo che era riservato agli imperatori che venivano consacrati e quindi “ divinizzati” attraverso l’apoteosi, un atto politico (non automatico) che spettava al successore per premiare chi lo aveva preceduto in caso di grandi ed importanti gesta. L’apoteosi era l’opposto della Damnatio Memoriae ( condanna della memoria ) pratica che, al contrario, colpiva i pessimi ( vedi Caligola e Nerone).
Divus è’ un nome che ha in sé un auspicio: il desiderio di futuro.
Per dieci anni il DIVUS è stato così un omaggio gradito, il simbolo di un territorio e di una famiglia che ha creduto nella terra d’Abruzzo per farla conoscere lì dove era ancora sconosciuta.
A seguire, nel 1997, il DIVUS diventa un nuovo ed importante percorso e quando, nel 2002 , inizio a partecipare alla vita di cantina, è il primo e unico vino che ricevo tra le mani.
Nel corso degli anni, è evoluto con me e come me ha vissuto un percorso di crescita anagrafica e culturale ( ampiamente in corso) che inizia a far avere alcuni punti fermi sia a me che a lui.
In lui si raccolgono alcuni dei contrasti essenziali che ruotano attorno alla mia cantina come il rispetto della varietà in una forma contemporanea ma secondo coscienza, un tessuto rurale in un vestito elegante, la narrazione di una storica antica con un accento che inizia a spostarsi sul presente.
Contrasti esistenziali per la ricerca di un equilibrio personale che iniziano ad essere superati nella scoperta di uno stile proprio.
Questa settimana abbiamo imbottigliato il Fosso Cancelli Trebbiano d’Abruzzo Doc 2015.Mi sono decisa. Ancora vendemmia 2015. Il 2015 è un pò un anno 0. Ho ripreso in mano il progetto del Montepulciano in fermentazione spontanea in cemento. Ho comprato due botti da 15 hl non tostate e ci abbiamo provato Trebbiano e Pecorino. Il Pecorino è uscito lo scorso anno.
Il Trebbiano ha dovuto attendere ancora un pò. E adesso è li, in bottiglia. 1000 bottiglie.